giovedì 24 dicembre 2015

24 dicembre 1979, l'Unione Sovietica invade l'Afghanistan

La storia dell'Afghanistan è una storia millenaria e complessa. Una storia che ha visto il paese essere prima luogo di nascita di religioni, poi  "crocevia dell'Asia" e infine "la madre di tutte le battaglie". 
Oggi noi osserviamo le macerie di questo Paese, da quasi mezzo secolo in conflitto permanente.
Rissumere i fatti è un'impresa titanica. Quel che è certo è che dal 1919, ovvero dalla proclamazione del Regno dell'Afghanistan e dall'uscita dall'influenza coloniale britannica, il paese è stato oggetto di ogni sorta di appettiti di conquista e di controllo, pur rimanendo neutrale fino al 1973.
Quando il 17 luglio 1973 il re Zahir fu deposto, mentre si trovava in Italia, dove restò, dal cugino Daud, la situazione precipitò rapidamente e incominciarono una serie infinite di interferenze e alleanze scomode, che secondo alcuni sono alla base del fondamentalismo religioso e del terrorismo, di matrice islamico nel mondo di oggi.


Il primo governo repubblicano durò fino al 27 aprile 1978, quando il Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (PDPA), di ispirazione socialista, prese il potere (Rivoluzione d'aprile), mettendo alla guida il suo leader Taraki. I contrasti interni - tra etnia, politica e religione - furono subito evidenti e violenti.
Le riforme, di cui oggi molti parlano, (il voto alle donne, l'istruzione femminile, la proibizione del burqa) appartengono proprio a questo periodo. 
Naturalmente il governo entrò, per questo, in contrasto con i leader religiosi contrari alle riforme e Taraki fu assassinato nel settembre 1979 (grazie al ruolo della CIA in chiave anti-sovietica) dal suo primo Ministro Amin.
Pochi mesi dopo, il 24 dicembre 1979, l'Unione Sovietica varcò i confini dell'Afghanistan, invadendo il paese ed entrando a Kabul il 27 dicembre 1979, dove affidò la guida del paese a Karmal.

Da quell'invasione l'Occidente iniziò a sentir parlare dei mujahiddin, un insieme non omogeneo di "guerriglieri islamici" che combatterono contro il governo filo-sovietico. Armati dagli Stati Uniti, dal Pakistan e dall'Arabia Saudita (quest'ultima tramite Osama Bin Laden) i mujaddin riuscirono, dopo una sanguinosa guerra, a scacciare i sovietici nel febbraio 1989, lasciando il paese in preda ad una guerra civile totale.
Oramai la guerra si era trasferita tra islamici sempre più fondamentalisti, da cui nacquero i Talebani e islamici moderati, guidati da un leader carismatico come fu Massoud, il leone del Panshir.
Quest'ultimo, poco prima di essere ucciso pronunciò una frase che solo due giorni dopo il suo assassinio, avvenuto il 9 settembre 2001, fu chiara al mondo intero: "I governi europei non capiscono che io non combatto solo per il mio Panshir, ma per bloccare l'espansione dell'integralismo islamico scatenato a Teheran da Khomeini. Ve ne accorgerete!"