mercoledì 11 giugno 2014

11 giugno 1984, la morte di Enrico Berlinguer

I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali.... .. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.


Era l'11 giugno 1984, quando, dopo 4 giorni di agonia, il segretario del più grande partito comunista d'Europa, Enrico Berlinguer, moriva. Quando il 7 giugno a Padova durante un comizio, che concludeva il suo giro elettorale per le Elezioni Europee, Enrico si accasciò a terra dopo aver voluto terminare, a fatica, il suo discorso, le sue condizioni apparvero subito drammatiche.

Parlare di Enrico Berlinguer significa oggi raccontare un'epoca, un pezzo importante della storia italiana. Giunto alla segreteria del partito nel 1972, alle dimissioni per malattia di Longo, Berlinguer seppe dare nuova e intensa linfa al Partito Comunista Italiano. Erano gli anni della strategia delle tensione, delle stragi impunite e poi del terrorismo. Erano anche gli anni in cui assieme alle lotte operaie e ai moti studenteschi, si affacciava pericolosa quella "questione morale" di cui Berlinguer aveva fatto la sua bandiera.

Leggendo oggi le sue parole, appare evidente come tutto era chiaro e scritto. Ma, soprattutto, è chiaro che nessuno sia stato in grado di fermare quella scellerata "occupazione" della cosa pubblica.

Quel giorno, quando il feretro di Enrico Belinguer passò per Corso del Popolo a Mestre, ero tra i tanti, tantissimi, che vollero dare un ultimo saluto a quel grande leader. Con la sua morte finiva un'epoca.


lunedì 9 giugno 2014

9 giugno 1946, sale al trono Bhumibol Adulyadej

Il 9 giugno 1946 in Thailandia, morì il re Ananda Mahidol. Un colpo di pistola alla testa di cui mai si saprà nulla (suicidio? omicidio?). Il re, diventato sovrano il 2 marzo 1935 quando aveva 12 anni all'abdicazione dello zio, moriva così a soli 24 anni senza essere di fatto mai stato incoronato ufficialmente (stava finendo gli studi in Svizzera).
Il giorno stesso gli successe il fratello Bhumibol Adulyadej (Rama IX), che aveva all'epoca 18 anni e che a sua volta studiava in Svizzera. Egli fu incoronato ufficialmente il 5 maggio 1950, e fino ad allora la reggenza fu sostenuta da uno zio.


Oggi Bhumibol è il capo di stato più longevo del pianeta, infatti sono 68 anni che guida il paese. Durante il suo lungo regno (oggi ha 87 anni ed è, al 31 dicembre 2013, il 7° leader più anziano del mondo) ha retto a 15 colpi di stato (l'ultimo solo il mese scorso), a 16 nuove Costituzioni e al cambio di 27 primi ministri. Insomma, un record che difficilmente sarà mai superato.