mercoledì 14 agosto 2013

14-15 agosto 1947, l'India e il Pakistan sono indipendenti

Alla mezzanotte tra il 14 e il 15 agosto del 1947, avvenne un fatto di grandissima importanza storica: l'Impero Britannico, lasciava uno dei baluardi della sua secolare espansione coloniale, la penisola indiana, permettendo così la nascita di due stati indipendenti il Pakistan e l'India.

L'uomo che maggiormente aveva contribuito alla sconfitta dell'Impero Britannico, il Mahatma Gandhi, passò, paradossalmente, una delle giornate più tristi della sua vita.

La sua lotta - frutto di una lungimiranza politica e culturale rara - era stata tesa a creare una nazione unica, dove mussulmani e indù (e le altre minoranze religiose) potessero vivere insieme.
Ciò non avvenne e i due dominion (i due stati furono trasformati in Repubbliche successivamente nel 1950 e nel 1956) si divisero esclusivamente su base religiosa. Il Pakistan, mussulmano guidato da Mohamad Ali Jinnah e l'India induista (e non solo) guidata da Jawaharial Nehru.

Le ragioni di Gandhi erano più che sensate. Già da quella mezzanotte le frontiere furono invase da oltre 11 milioni di persone, che tentavano, in funzione del loro credo religioso di, trasferirsi in una o l'altra parte. Il risultato fu drammatico: gli scontri lasciarono sul campo oltre 500 mila morti e le violenze non cessarono se non nel mese di settembre.

Tra i due neonati Stati si scatenò subita una forte rivalità che nel Kashmir portò alla prima guerra indo-pakistana e alle tensioni che ancora oggi, accompagnano i due paesi.

Gandhi continuò la sua battaglia non violenta, convinto della sua ragione e della necessità di bloccare gli scontri, fino a pochi mesi dopo, quando il 30 gennaio 1948 fu assassinato da un estremista indù.

Lo straordinario lavoro di Gandhi fu così disperso nel vento.


Sul tema della spartizione vi rimando a Indika - Bolg sull'India e sull'Asia dove è possibile anche approfondire i temi storici e attuali dell'India.

Su Gandhi vi segnalo il GandhiInstitute


martedì 13 agosto 2013

13 agosto 1968, fallito attentato a Papadopoulos, arrestato Alekos Panagulis

Il 13 agosto 1968, Alexandros Panagulis, Alekos per tutti,  attendeva il passaggio della limousine del dittatore greco, il colonnello Georgious Papadopoulos. Sul ponte vicino Varkiza, opportunamente minato, doveva finire la vita del colonnello, salito al potere il 21 aprile 1967 con un colpo di stato.

Tutto andò storto. L'attentato fallì e il giovane intellettuale e rivoluzionario greco (aveva allora 28 anni ed era studente di ingegneria) fu arrestato. La sua prigionia (fu amnistiato nel 1973), la sua lotta nei tribunali e il suo caso contribuirono fortemente alla caduta della dittatura, paurosa di farlo diventare un martire, che avvenne nel 1974.

Dalla sua uscita del carcere e fino alla sua morte, avvenuta il 1 maggio 1976 a causa di un incidente d'auto molto sospetto, Alekos ebbe una storia d'amore con la scrittrice italiana Oriana Fallaci. Visse per un periodo dopo la sua scarcerazione a Firenze e nel 1974 divenne deputato dell'Unione del Centro, che poi lasciò. Era diventato un personaggio molto scomodo perchè perseguitava i politici ancora in carica che si erano resi complici della dittatura dei colonnelli.

La prigionia del Alekos, fu una continua tortura. Condannato a morte, la sua condanna non fu eseguita. Evase una volta e tentò altre. Oltre alle innumerevoli torture fisiche, che sopportò con la dignità di un Uomo, passò gli ultimi tre anni e mezzo in una cella semi-interrata di due metri per tre.

Della sua prigionia e della sua storia Oriana Fallaci scrisse uno stupendo libro Un Uomo (pubblicato dopo la sua morte nel 1979).

giovedì 8 agosto 2013

8 agosto 1956, il disastro di Mercinelle


Il disastro di Mercinelle, piccolo paese minerario del Belgio, appartiene a quelle storie che molti di noi ignorano o non ricordano. Quel giorno, l'8 agosto 1956, a morire durante il lavoro in una miniera di carbone ad oltre 950 metri di profondità, furono 256 persone su 274 presenti in miniera. Di essi 136 erano immigrati italiani.

La causa fu un incendio scoppiato nel pozzo di aereazione, che era attivo dal 1830 e secondo le inchieste successive poco sicuro e manutentato, alle ore 8.11, durante il lavoro della prima squadra, quella che stava dalle 6 alle 14.

Nonostante i tentativi di salvataggio (l'allarme fu dato alle 8.30 dai primi sei superstiti giunti in superficie), effettuate dalle stesse squadre di minatori, non fu possibile salvare nessuno.
La storia è ancora più drammatica se si pensa che l'ultimo minatore fu trovato morto nel dicembre 1957 e che solo il 23 agosto 1956 la squadra di soccorso giunse dove dichiarò "sono tutti morti", inoltre fu trovato a 1035 metri un messaggio di un caposquadra che diceva che stavano scendendo ed erano in 50. Erano le 13.15, 5 ore dopo l'inizio dell'incendio.

Questo è stato uno dei tanti tributi pagato dagli uomini al lavoro. E' stata anche una delle tante tragedie dell'immagrazione che dovrebbe essere un monito per tutti noi.

Ecco tutti i nomi dei caduti a Mercinelle, per non dimenticare

martedì 6 agosto 2013

6 agosto 1945: Hiroshima


Il 6 agosto 1945 resterà nella storia per sempre. Quel giorno alle 8.16 un quadrimotore B-29 Superfortress americano , chiamato Enola Gay, sgancerà, sulla città industriale di Hiroshima in Giappone, la prima bomba atomica (chiamata Little Boy) della storia dell'umanità su obiettivi umani (la secondà sarà lanciata tre giorni dopo nella città di Nakasaki). Dei 255 mila abitanti della città, morirono, subito (circa 80 mila all'istante) e nel tempo, circa 200 mila persone, quasi tutti civili.

La bomba, esploderà a circa 600 metri d'altezza, radendo praticamente al suolo (distrutti il 90% degli edifici) l'intera città.

Hiroshima (e poi Nagasaki) furono uno degli atti di maggior inciviltà dell'uomo, che aveva inventato uno strumento di distruzione di massa senza precedenti. Fu l'inizio di un mondo nuovo basato sulla minaccia atomica.

Gli Stati Uniti avevano iniziato. E' bene ricordarlo.

Ecco la pagina di Wikipedia sulla Bomba a Hiroschima per approfondire

lunedì 5 agosto 2013

5 agosto 1962 l'addio a Marilyn Monroe


Marilyn fu trovata morta nella sua camera a Brentwood il 5 agosto 1962. Era nuda e reggeva in mano la cornetta del telefono. La causa della morte fu "overdose da barbiturici per probabile suicidio". Si concludeva così, a 36 anni, la parabola di una donna che aveva fatto sognare, ed innamorare, gli uomini di tutto il pianeta e, soprattutto, alcuni potenti.

La vita di Norma Jeane Mortenson, nata a Los Angeles il primo giugno 1926, era partita con grande difficoltà. Sua madre (il padre non fu ritenuto certo) era una schizofrenica paradoide, che presto fu dichiarata incapace di intendere e di volere. Norma fu affidata ad una tutrice e poi ad un orfanotrofio. 

Dopo essersi sposata la prima volta a 16 anni con James Dougherty (dal quale divorziò nel 1946). A 19 anni, nel 1945, mentre faceva l'operaia in una fabbrica di  verniciatura di aeroplani, fu scoperta dal fotografo David Conover, che la esortò a intraprendere la carriera di modella.

Dopo un inizio difficile (come per tutti), Norma, grazie alla sua bellezza, alla sua ambizione e alla sua disinvoltura, si avviò ad una brillante carriera (in quegli anni assunse il suo nome d'arte "Marilyn"), che si consacrò a partire dagli inizia degli anni '50.

Oltre ad altri due matrimoni, con il giocatore di baseball Joe di Maggio (1954) e con lo scrittore Arthur Miller (1956-61), Marilyn ebbe una lunga serie di avventure e complicate relazioni. Da quella omosessuale con l'attrice Joan Crawford a quella, molto più conosciuta, con entrambi i fratelli Kennedy (il Presidente John Filtzgerard e Robert).

Sulla vita di Marilyn si sono scritti fiumi di parole e girate giornate di filmati. Quel che è certo, che assieme a una straordinaria bellezza, ad una grande dimestichezza e bravura nel presentare la sua immagine e ad una fama (del tutto confermata) di "mangiatrice di uomini e donne", Marilyn ha dovuto fare i conti con la sua storia, con la sua instabilità psicologica e forse con molti segreti che aveva conosciuto nelle camere da letto.




Ecco il link al sito ufficiale

venerdì 2 agosto 2013

2 agosto 1980, la stazione di Bologna






Sabato 2 agosto 1980, ore 10.25, la sala d'attesa della seconda classe della stazione di Bologna è molto affollata. Per molti dovevano iniziare le vacanze, la fabbriche avevano chiuso. Allora ci si spostava molto di più in treno.

In una valigia, sistemata nei pressi di un muro portante, era contenuto una grande quantità di esplosivo (23 chili complessivi tra tritolo, T4 e gelatinato).

Dopo la scoppio furono 85 i morti e 200 i feriti, tra cui alcuni mutilati per sempre. Una strage che colpì a caso innocenti vittime, bambini, donne, uomini, anziani senza distinzioni. La vittima più piccola, Angela, aveva 3 anni, il più vecchio, Antonio, 86.

A distanza di 33 anni, e una vicenda processuale iniziata nel 1987 e di fatto non ancora conclusa, si hanno poche certezza su chi, mandato da chi e perchè ha commesso un simile crimine.

Tre sono ufficialmente i responsabili materiali della strage (Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, tutti appartenenti all'organizzazione terroristica di estrema destra NAR - Nuclei Armati Rivoluzionari), che si sono sempre dichiarati innocenti.

Vi sono anche altri condannati per depistaggio tra cui Licio Gelli (venerabile maestro della Loggia P2), Francesco Pazienza (ex agente del SISMI) e Pietro Musumeci (ex servizi segreti militari).


Inutile dirlo che la Strage di Bologna (avvenuta, ricordiamolo, a distanza di poco più di un mese di un'altro mistero italiano, Ustica) rappresenta uno dei tanti misteri italiani. Dove terrorismo, apparati deviati dello stato, politica, servizi segreti, logge massoniche e criminalità organizzata (ad esempio il coinvolgimento della banda della Magliana è stato più volte affermato) hanno indirizzato la storia e le scelte del nostro Paese.


Ecco il sito dell'Associazione Vittime della Strage di Bologna, dove si trovano informazioni, immagini e la lunga storia della vicenda giudiziaria

giovedì 1 agosto 2013

1 agosto 1976, Niki Lauda tra le fiamme


Il Gran Premio di Germania, nel circuito di Nurburgring del 1 agosto 1976 fu un evento drammatico per tutti i tifosi italiani e per il mondo dello sport in generale. La Ferrari 312T del pilota austriaco Nikolaus "Niki" Lauda, che l'anno prima, nel 1975, aveva vinto il titolo di Campione del Mondo, imboccò una pericolosa curva a sinistra e sbandò.

La macchina, dopo aver sfondato il guard-rail sbatte violentemente sulla roccia. Nell'impatto il pilota perse il casco e dopo aver rimbalzato, la macchina prese fuoco. Furono attimi terribili, che sotto gli occhi dei telespettatori, sembravano volgere verso il più atroce dei drammi.

L'intervento immediato di alcuni piloti in gara, in particolare di Harald Ertl, Guy Edwards, Arturo Merzario e Brett Lunger, salvò la vita a Lauda. Fu estratto gravemente ustionato al volto e soprattutto con una gravissima intossicazione per aver respirato i gas tossici sprigionati dalla combustione di benzina, plastica, gomma e vernici.

Il circuito di Nurburgring, da tutti ritenuto pericoloso, dopo questa gara fu chiuso alle gare (nel 1984 fu inaugurato il nuovo circuito completamente rifatto) e il Gran Premio di Germania fu spostato a Hockenheimring.

Niki Lauda fu dichiarato fuori pericolo (il problema principale era l'intossicazione) quattro giorni dopo e 42 giorni dopo era di nuovo in pista al Gran Premio di Monza.
Niki Lauda rivinse il mondiale nel 1977 (ancora con la Ferrari), si ritirò nel 1979, per riprendere a correre nel 1982 e fino al 1985, rivincendo un altro mondiale con la McLaren nel 1984.

Rispetto ad allora il fuoco nella Formula 1 spaventa molto meno. I sistemi di protezione e la capacità di intervento sono praticamente inattaccabili. L'ultimo morto in un incendio in Formula 1 risale al 12 giugno 1982 quando nel circuito di Montreal, in partenza, morì l'italiano Arturo Paletti al suo secondo Gran Premio. In realtà non fu ustionato, ma nonostante il rapido spegnimento dell'incendio, le gravi fratture toraciche combinate all'intossicazione gli furono letali.
 
Ecco il link con il video del terribile incidente